I bambini hanno antenne sottilissime che assorbono, riflettono, trasmettono sensazioni, informazioni che plasmano i loro sentimenti, la loro capacità di interpretare e inventare.
I bambini sanno cogliere e memorizzare dettagli infinitesimali nelle parole e nei disegni, fanno domande spiazzanti. Davanti a un racconto le loro teste prendono sentieri fantasiosi e imprevedibili.
Incoraggiarli a leggere, ad avere fame di libri e ad amarli fin da piccoli, a viverli come vere e proprie avventure in cui tuffarsi entrando in relazione con una storia e i suoi personaggi è AIUTARLI A CRESCERE.
Il cervello e l’universo della lettura
”Lasciare che i sentimenti e i pensieri si sedimentino, maturino, si distacchino da ogni impazienza”. (Italo Calvino, Lezioni americane).
Maryanne Wolf è una famosa neuroscienziata americana che studia i processi cognitivi (la percezione, il ragionamento, i meccanismi della memoria, il linguaggio). Madre di un figlio dislessico, si è specializzata nello studio del cervello che legge e degli aspetti cognitivi e neurologici del processo della lettura. Grazie alle nuove tecniche di scansione cerebrale siamo in grado di stabilire come la lettura – che non è prevista dall’evoluzione biologica (non esistono strutture cerebrali specializzate né geni specifici per leggere) – modifichi però il cervello.
Quando il bambino comincia a leggere, il suo cervello impara a costruire nuovi circuiti neuronali, collegando tra loro regioni la cui organizzazione e il cui programma genetico avevano altri scopi.
Il cervello in questo modo aumenta l’attività del sistema limbico (quell’insieme di strutture che è sede della vita emotiva di base) e attiva i collegamenti con i processi cognitivi.
Quindi non siamo nati per leggere, ma leggere crea un nuovo circuito nel nostro cervello.
Poiché siamo nel passaggio cruciale “da una cultura basata su testi stampati e sulla parola scritta a una cultura digitale, molto più rapida e basata su uno schermo tecnologico”, la Wolf allarga i suoi studi al digitale come oggetto di analisi neurologiche.
Il passaggio da una cultura alfabetizzata a una cultura digitale modifica anche il nostro modo di stare al mondo, sostiene Maryanne. I tracciati neurologici mostrano in quali modi la lettura profonda – capace di comprendere, analizzare, interagire con un testo e con il suo autore – sviluppi la plasticità dei neuroni e sia “sensorialmente” evocativa. Mentre leggiamo “noi e l’autore costruiamo insieme immagini partendo da una serie di dettagli sensoriali accuratamente scelti e comunicati attraverso le parole.”
Questo ci consente di rivivere le emozioni e la visione di altri. L’immedesimarci nei personaggi di un racconto, ad esempio, fa nascere nel lettore quel sentimento fondamentale che è l’empatia, cioè comprendere “che cosa significa essere qualcun altro e che cosa questo qualcun altro sta provando”. Collega la nostra lettura con la nostra sensibilità morale e la incrementa.
La lettura profonda diventa perciò importantissima in un mondo in cui l’eccesso di informazione si ribalta e diventa distrazione. Non solo. La lettura tradizionale consente il dialogo con l’autore, e nel confronto fa emergere aspetti nuovi di chi legge e, reciprocamente, arricchisce il testo di nuove possibilità interpretative.
L’eccesso di lettura digitale, specie se praticata fin da piccoli, con i suoi continui rimandi può portare alla dispersione, a un’attenzione sempre parziale, a una lettura di sorvolo, alla decontestualizzazione dei dati e dell’informazione. Conosciamo i particolari, ma l’insieme diventa una specie di fata Morgana. Ci illudiamo di essere informati e invece spesso siamo distratti, ci sfugge il senso.
In quel modo ci costruiamo un archivio, ma non la memoria; in un meccanismo frenetico di stimolo/risposta velocissimi rischiamo di smarrire il ragionamento discorsivo, lineare, diacronico, capace di ordinare i fatti attraverso la loro trasformazione nel tempo.
Come scrive la Wolf “mescoliamo quotidianamente l’informazione con la conoscenza, e la conoscenza con la saggezza, con il risultato che tutte e tre diminuiscono.”
Maryanne dedica un’attenzione specifica alla lettura infantile e propone un’introduzione graduale al digitale nei primi cinque anni di età; poi, per il periodo che va dai cinque ai dieci anni, un apprendimento e una lettura su testi a stampa e su testi digitali: una sorta di bilinguismo che consenta di passare facilmente da un codice all’altro e sviluppi un cervello “bi-alfabetizzato”.
liberamente tratto dall’articolo “Il cervello che legge” di Gianandrea Piccioli